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Intervista allo Street Artist Retro

 retro street art intervista

Mentre passeggiavamo per Ménilmontant insieme a una coppia di clienti, durante uno dei nostri tour sulla Street Art, abbiamo avuto la fortuna di trovare all'opera gli artisti Retro e Hobz. Ne abbiamo approfittato non solo per congratularci per il bellissimo murales, ma per proporre un'intervista a Retro. Ecco cosa ci ha raccontato.

N: Ci siamo incontrati per caso mentre lavoravi in pieno giorno in una via affollata. Non è contro la legge fare Street art?

R: É una domanda alla quale non posso rispondere facilmente. L'espressione “Street Art” di per sé vuol dire tutto e niente, ingloba i graffiti, i collage, gli stencil, la pittura, i mosaici, gli oggetti sottratti alla vita quotidiana ed esposti nella strada oppure modificati per diventare arredo urbano. Insomma, il discorso è molto vasto.
Parlando del mio caso personale, direi che il mio obiettivo è dipingere là dove non è possibile, su muri che non sono dedicati alla Street Art. L'arte in generale, dal mio punto di vista, deve sorprendere, far riflettere, porre dei dilemmi o far divertire. Quando si comincia a fare ciò che è strettamente definito Street Art, come dipingere su muri dedicati a quello scopo, si perde completamente di vista l'obiettivo e la rappresentazione artistica ne risente.

N: Come reagiscono le persone quando ti vedono all'opera? Hai mai avuto problemi con qualcuno? Esiste ancora qualcuno oggi contrario alla Street art?

R: Ho iniziato a fare graffiti nel 1991 e poi i tag nel 1992, lo facevo per strada o in spazi liberi. A quell'epoca la gente chiamava la polizia immediatamente. Ci muovevamo per strada molto rapidamente e ciallenavamo nelle zone desolate, dove correvamo meno rischi. Ho smesso di dipingere per strada nel 1996 e nel 2012 ho ripreso cambiando completamente approccio, concetto e pseudonimo. Allora notai che la Street Art generava molte più osservazioni positive rispetto a prima. Credo che in un certo senso la Street Art si fosse democratizzata perché i graffiti erano passati in mostra al Grand Palais e alla Fondation Cartier e in più, con l'esplosione del web e la diffusione di innumerevoli libri sull'argomento, le persone hanno cominciato a capire e accettare questa pratica. Oggi dipingo principalmente per strada, naturalmente senza permesso ma non corro più molti rischi perché questa arte è adesso molto più tollerata. Dipingo da 2 anni e mezzo regolarmente soprattutto nel 20°, 19° e 11° arrondissement di Parigi, su centinaia di passanti soddisfatti ne avrò incontrati meno di 10 che non erano d'accordo, un numero quasi trascurabile. I commenti negativi che ricevo sono di solito legati a un'errata interpretazione della nostra arte, che viene percepita come degradazione. Quelli che borbottano non guardano nemmeno quello che c'è dipinto, si fermano al metodo, al fatto che sia per strada e che sia illegale. A volte possiamo discutere, quando la persona è disposta a farlo, a volte no. A quelli che vogliono solo attaccare briga consiglio di riflettere meglio su cosa non va nelle loro vite, piuttosto che riversare il loro cattivo umore sugli altri.

Retro Street art

N: Una domanda forse banale: perché hai scelto la strada e non un supporto più tradizionale, delle tele per esempio?

R: Le mie tele sono i muri della strada. Scelgo formati definiti, con delle limitazioni diverse ogni volta: angoli di muri, fessure, grondaie, differenze di livelli etc. Anche il tempo conta, non posso passare più di un una giornata a completare un'opera normalmente, quindi questa limitazione mi spinge a lavorare sull’essenziale. Per essere pronto mi esercito nel mio atelier e penso moltissimo prima di lanciarmi su una tela, tutto ciò mi prende molto tempo prima di veder completato un lavoro. Ma le due attività sono complementari e indissociabili.

N: Fai Street art per vivere o solo per passione? Si possono acquistare le tue opere?

R: Direi che dipingo perché amo creare: dei disegni, degli oggetti o non importa cos’altro ma devo creare, funziono così. Io dipingo per strada perché adoro farlo, quest'atto in sé è più importante del risultato stesso. Inoltre, amo molto discutere con le persone che non mi fanno domande sciocche, con chi mi condivide la propria percezione del mio lavoro, amo parlare dei nostri modelli e delle nostre culture se sono di paesi diversi. E’ con lo scambio e il miscuglio dei generi e delle discipline che ci si può rinnovare secondo me, quindi le esperienze e gli incontri possono essere benefiche per tutti. Per quanto riguarda le mie opere, recentemenre sono state in esposizione al Retro Solo Show.

N: Da dove viene fuori questo universo fantastico che dipingi sui muri della città?

R: Leggo molti fumetti, libri e mi ispiro a molte cose. Il mio obiettivo è traghettare lo spettatore per qualche istante in un universo differente, come una piccola finestra su un mondo parallelo, per estrarlo dal suo quotidiano.

N: Troviamo Rétro in altre città, oltre che a Parigi?

R: Per ora non molti. Ho fatto qualcosa a Tolosa, a Bordeaux oppure a Val Thorens, ma niente di veramente significativo.

N: Come reagisci quando scopri che una delle tue opere d'arte è stata distrutta o coperta?

R: Il muro non mi appartiene ma mi capita di essere veramente esasperato quando ci trovo dei tag sopra. Per me è una vera mancanza di rispetto. Ognuno è libero di coprire un'opera con un'altra per la quale valga la pena, ma a volte alcune persone vengono a mettere le loro merdate sulle mie opere usando la scusa che è un buon punto, anche se prima non osavano farlo mentre il muro era vuoto. A partire dal momento in cui il muro è dipinto, si sottintende che si può, fa figo farci sopra la schifezza che uno vuole perché tanto nessuno dirà nulla. Quando ciò mi capita, cerco il responsabile sui social network principalmente, lo contatto e gli propongo di venirlo a fare quando sono lì. Stranamente, non è mai arrivato nessuno. Il problema è che le persone non riflettono. Spesso dei giovani fanno i tag per 6 mesi o un anno, poi passano ad altro: non conoscono il "codice" e hanno la presunzione di rinnovare un genere che non conoscono. Oppure ci sono degli street artists che vengono ad incollare qualcosa sopra e dicono che fanno una “collaborazione”.

N: Il giorno in cui ci siamo incontrati stavi lavorando con Hobz e credo sia la prima volta. Preferisci lavorare in collaborazione?

R: Lavoriamo spesso insieme perché ci capiamo bene e lavoriamo nella stessa maniera: non parliamo molto quando lavoriamo. In generale per quanto riguarda le collaborazioni, direi che tutto dipende dal carattere, può essere una collaborazione geniale oppure catastrofica. La stessa cosa vale per tutte le cose del quotidiano, si tratta di affinità. Non mi appoggio a dei grandi nomi o molto famosi, non mi importa. Ciò che conta è passare dei buoni momenti.

Retro Hobz A midnight fight club Street art 

N: Qual è per te il valore sociale, urbano, politico della Street Art? Cosa possono fare le istituzioni per supportare e valorizzare la Street Art?

R: Penso che si debba approfondire la Street Art da individui o come cittadini, soli o in gruppo, senza aspettare che le istituzioni facciano qualcosa per insegnarcela. Bisogna farlo con onestà, non perché la Street Art va di moda negli ultimi anni. Quando si dipinge all'esterno, secondo me, abbiamo una responsabilità verso gli altri, i passanti e quelli che abitano nel quartiere. Parigi è una città popolosa, piena di energia, positiva come negativa. Mi sembra interessante proporre attraverso i dipinti murali dei momenti di evasione dal contesto urbano, ai quali dare un semplice sguardo veloce o soffermandosi sui dettagli, in cui tuffarsi e dimenticare per qualche istante il caos cittadino. Questo ovviamente è solo il mio modo personale di vedere la Street Art. Cerco soggetti e rappresentazioni che siano sneza tempo, mai connessi con la vita moderna attuale (tranne per rare eccezioni come l'omaggio fatto a Isao Takahata, morto ad Aprile) e sopratutto mai a tema politico o religioso.

Retro Street Art Isao takahata

Le foto di questa intervista provengono direttamente dalla pagina Facebook ufficiale di Retro.

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